Casato Corleone
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Annesì Liberata

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Messaggio  Aster_x Lun Apr 08, 2013 9:01 pm

[rp]Annesì Liberata
Poema Heroico Di Mons.Grumio

Copertina del Libro

[hrp]Attenzione: per quanto tratto da veri eventi IG, la storia è romanzata!
I pg possono apparire più fighi o più antipatici di quanto siano in realtà.
Ora che vi ho avvertito, non scassate! Very Happy
...
E probabilmente scriverò un canto al mese, non finirà presto.
[/hrp][/rp]



[rp]Canto I

I
Canto le armi, l'uomini e i vessilli
ch'animati da Fede e per giustizia
affrontaron le nevi et altri assilli
decisi a spazzar via ogni nequizia.
Dei Riformati narrerò gli strilli,
consci di morir sulla laterizia
dubitavan d'ir sull'astro Solare
anzi subir sorti molto amare!

II
Possa Clio rinfrescarmi la memoria
sulle battaglie e l'inganni ch'io vidi,
ma tu Calliope concedi gloria
imperitura a que'santi sussidi,
non sia la mia parola transitoria
ma evocatrice se tu la guidi
e al fin Talìa la giocosa possa
temperar il fragor di spade ed ossa.

III
Magnifico Arquer a cui ogni cosa
debbo, seme d'Andrea Raffaele,
la virtù di famiglia senza posa
esaltate e chi Vi resta fedele
n'ha di rimando come la gran sposa
Anna Jolanda, novella Cibele,
che s'io non fossi da Fede condotto
sarei presto da adulterio sedotto;

IV
A Voi piacqua il canto che qua comincia
ed ispiri i Vostri futuri passi.
Ma or basta ciance, più non s'annuncia:
La cittadina tra i nevosi sassi
nomati Alpi, in quella provincia
ch'è Savoia, più non godeva spassi
bensì di timore eran le preghiere
nel vedere di Meliano le schiere.

V
Una testa di leone dorata
portava sul ferreo scudo verde
Melian du Lys, di fede riformata,
e andava ripetendo alle sue orde
che l'ora del riscatto era arrivata
per mostrar ai Savoiardi chi perde
quando puniscono dei Ginevrini
per aver violato i loro confini.

VI
Via all'attacco le scaglia con scale
e rampini per conquistare le mura,
da ogni parte in armi si assale,
batte l'ariete cercando apertura,
vanamente la Guardia Episcopale
oppone fiera la sua spada pura:
troppo numerosi son gli assedianti
che avanzano feroci e soverchianti.

VII
Prima che il Sol sia giunto al mezzogiorno
cade Annesì in mano ai Ginevrini,
risuonan di pianto le valli intorno,
sulla chiesa rossi sono i gradini,
cambiate son le bandiere a far scorno,
viene Meliano con i suoi mastini
a prender possesso della fortezza
poi parla alla piazza con gentilezza.

VIII
"Fratelli! Vostro sindaco ora sono:
non temete né me né le mie schiere
che son qua solo per sottrarvi al trono
di Savoia, fatto d'empie galere
e fedele soltanto all'aureo suono!
Sotto alle helvetiche nostre bandiere
vivrete da liberi al fianco mio
Romani, Riformati e senza Dio!"

IX
Pochi però credono alla menzogna
corrotti dalle parole suadenti:
i facili al vizio e senza vergogna.
"Aquetàte ora i pianti struggenti
-continua Melian, par sia una zampogna-
queste parole saranno evidenti
in pochi dì, se non credete a tanto
allora lo farete udendo il Santo".

X
Sanctus era detto dai Riformati
quel folle fervente ed invasato
che rendeva i loro animi eccitati.
Un uomo dall'Altissimo dotato
dell'oratoria che smuove gli stati,
ma della ragione defraudato
per via dei sussuri del Senza Nome
che gli era entrato dentro dall'addome.

XI
Meliàn non fa della vittoria sosta
e quando è certo d'avere il controllo
la strategia di guerra vien disposta:
ogni avamposto vada a tracollo,
cada Ciablé, poi Mustié ed Aosta.
Si parte subito a rotta di collo,
devastata è la Tarentasia altera,
preso il controllo di ogni miniera.
[/rp]


[rp]Canto II

I
Sparsa per tutt'il mondo è la notizia.
A Ciamberì c'è vergogna e tristezza
dove è riunita la Corte patrizia:
l'ira dei duchi cede all'amarezza
nel noverare l'intera milizia.
Prende parola Valzano: “Altezza,
se è ver ch'abbiam così pochi soldati
convien radunarli qua tutti armati”

II
“Mai vorrei lasciar sguarnita Montione
per vederla cadere in vili mani,
peggio è il concedere al Leone
di marciar in Ciamberì già domani!
Sia difesa la città e il torrione
fin quando non ci mancheranno i pani,
e se all'Altissimo sarà piaciuto
ci manderà per tempo qualche aiuto”.

III
Mesta annuisce Sua Altezza Ducale
udendo il discorso di quel visconte,
mentre lo ringrazia d'esser leale
la interrompe un paggio del Piemonte:
“E' giunto ora dalla via orientale
nascondendosi al riparo del monte
Hobb Sigfrid, gran maestro teutonico,
da Roma con mandato canonico”.

IV
Tutto è sospeso, la Corte si tace,
introdotto è quel santo cavaliere
il cui camminar divora vorace
gli animi dando speranze guerriere.
“Siate benvenuto e siate loquace”
invita il ducal cerimoniere.
Presto un foglio del cardinal Diftàn
viene letto e passato di mano in man.

V
La Curia Romana è in apprensione:
soffre a saper la Savoia sconfitta
dagli eretici eredi del Leone,
di quest'ultimo attacco s'approfitta
per proclamar la mobilitazione.
Da troppo tempo è tristemente afflitta
ogni contrada della zona alpina,
sia soppressa l'influenza leonina!

VI
Delle Santissime Armate ogni ramo
è già in marcia per scalar le montagne
coraggioso e fedele al richiamo,
mentre a capo di compagni e compagne
scrivono i cardinali “nominiamo
un condottiero di molte campagne,
dell'ordo teutonico gran maestro,
con lancia in resta nessuno è più destro: ”

VII
“Dei nostri eserciti sia Comandante
cavalier Hobb Sigfrido fon Korwalda”.
D'un tratto esulta la Corte festante,
sembra quasi soldataglia spavalda,
grida il barone come un bracciante,
sguaina la spada il conte e si scalda,
chiede silenzio infine la Duchessa
così che la sala torni sommessa.

VIII
La Savoia non vuol esser da meno,
viene chiamato avanti il Capitano
perché dia un giudizio serio e pieno
su chi sia la migliore mano
tra ogni nobile su palafreno:
il voto cade dritto su Valzano,
che non è tra i savoiardi il più forte,
ma certo è abile e non teme morte.

IX
Segue la ducale approvazione
ed il Visconte viene incaricato
di guidare una ricognizione,
al Siniscalco White è affidato
l'organizzar la coordinazione,
subito con il Cavalier crociato
viene discussa una strategia
che possa abbattere l'eresia.

X
E mentre torna speranza alla Corte,
migrano verso l'Alpi molte armate
da ogni nazione e roccaforte,
marcian sotto le bandiere crociate
volontari di ogni rango e sorte.
Ad Alessandria son già dispiegate
le Sante forze italiche di Roma
che in ogni epoca l'eresia doma.

[/rp]


[rp]Canto III

I
Tra il Tanaro e la Bormida sorge
la cittade d'Alessandria, l'insegna
pontificale tra le tende sporge
nella piazza che la cittade assegna
ai militi o alli scarti delle forge.
Per giorni ogni guardia si impegna
nel cercar crociati volontari,
poco conta se sian illustri o bovari.

II
Giunti alla sera, io stesso m'avvio
per le taverne di peggiore fama
ad invitar al perdono d'Iddio
i peccatori facili alla lama.
Al mio ingresso si cheta il brontolìo,
torvi mi fissano i ceffi e una dama,
di quest'ultima la grazia non narro,
ella è vestita da un bianco tabarro.

III
La divisa svela la mia missione.
La dama mi dice: “Non son brigante.
Ho saputo della guerra al Leone.
Poiché sono d'un'armata comandante,
se Milano ne dà la concessione,
verrò al seguito delle Armate Sante:
ben poco m'importa della pecunia”.
Le chiedo il nome, risponde “Junia”.

IV
Subito la invito all'accampamento,
stanno là nei pressi anche i suoi soldati,
in breve avviene il congiungimento,
volontari o men, siam tutti crociati!
Il passar de'giorni poi, svilimento
reca, non fa rallegrar mai gli armati
combattere a rischio di slavina.
Sempre più s'imbianca la vetta alpina.

V
Riuniti in piazza d'arme tutti stanno
chiedendo quando si vorrà partire,
ché più s'attende e più sarà l'affanno.
Ma più del timore cresce l'ardire:
“Spero non si aspetti il capodanno!
Non posso restar qui a rammollire!”
Così esclama Liliana focosa,
tanto feroce quanto prosperosa.

VI
Sangue d'Asburgo ha codesta Liliana
e il core debole ad ogni passione,
ora è la Fede che forte la sbrana,
pronta a mazzar l'eretiche persone
e demolir la loro intera tana.
Degli ordini non ha più concezione,
ma quelli a tutti li ricordo io:
“Attendere! Roma parla per Dio!”

VII
Innanzi avanza Junia e grida:
“Adesso pure Roma ci rallenta?
Già Milano non finanzia la sfida,
anche se in pubblico Ippolita ostenta
d'esser pronta a dar manforte. Che infida!
L'andare da sola non mi spaventa,
so che non sarà vinta la mia armata
il cui nome è Sanctissima Illibata!”

VIII
In piè, un Locotene Episcopale
d'aleramica ascendenza si pone,
sguardo fiero, indosso un arsenale,
Manfredo è nomato quell'omone.
Ora parla con cadenza marziale:
“Io son del pontificio battaglione
e la gerarchia di Roma seguo,
non per neve né foco mi dileguo”

IX
“Vero è che la mia spada voglio arrossar
non già di ruggine, che è vergogna,
ma ben vale il sangue di chi vuole disertar,
lo farò in gloria al Signor... se bisogna”.
Prima che la zuffa possa cominciar
spinta dall'Innominata Carogna,
ferma tutto Mebahiah Capitano
d'Aquileia, e risolve l'arcano:

X
“S'invii tosto un piccione al Prefetto
che siede in Firenze, avrem risposta
in due giorni, di più è un dispetto”.
Sperando che ciò interrompa la sosta
tutti accettano quant'è stato detto,
in breve una lettera vien disposta
sulla zampa del viaggiatore alato.
Quello già vola su tutto il ducato,

XI
Ecco arriva da Sua Eminenza.
Il buon Padre Alessandro si appresta,
con la sua solita accondiscendenza,
a spronar la Congrega su codesta
decisione, sostenendo l'urgenza
di una mobilitazione più lesta.
Non vi dico quanto deve penare,
ma alla fine l'ordine è “Avanzare!”

XII
Ed ecco anche giungere un dispaccio
dalla contessa Eriti di Soliera,
dopo aver in Francia fatto il colpaccio
al comando d'una brigata intera,
chiede di redimersi all'addiaccio
combattendo a pro della Fede Vera.
Lo concede il Padre Eminentissimo.
Sia sempre resa lode all'Altissimo!

[/rp]


[rp]Canto IV

I
Quale omo a cui entrino in casa
i malviventi per ladroneggiare,
tale si sente Sua Maestà, invasa,
dico Alverano che è ad imperiare.
E nel saper che l'aggressore svasa
non dai confini di terre straniere,
ma da una landa a lui vassalla,
digrigna i denti e le dita accavalla.

II
Subito vien scritto un comunicato
per chiamare alle armi ogni signore,
in sette lingue va poi replicato,
quante le genti dell'Imperatore.
A forza di firmare s'è stancato
per contattar ogni suo valvassore,
soltanto i conti sono quasi cento
e quasi tutti han grande ardimento.

III
Per colpa del gran numero le carte
un po' più tardi verranno inviate.
Si lamenta Alverano di quell'arte
burocratica, numerose fiate
invidia i duchi che non hanno parte
-pensa- in così noiose menate.
Finalmente, sia lodato il Demiurgo,
decollano i messaggi da Strasburgo.

IV
Quei duchi e signori che fino ad ora
non avevano mandato un fante
su richiesta della Santa Signora,
temendo d'essere in modo infamante
aggrediti dal vicino all'aurora,
sono ora in dovere verso il Regnante:
di cavalieri e fanti oltre il Ticino
tanti ne inviano quanti il vicino.

V
S'aggiungon quindi i vassalli imperiali
ai volontari, alle Sante Schiere
e, alle armate di Francia regali
che ostentano sempre le bandiere
del Ducato di Borgogna, leali
e spada in mano pronti a far tacere
l'eresia, per via dell'influenza
di Ingeburge, Sua burgunda Eminenza.

VI
Dopo il comunicato di Alverano,
mandano ai Savoiardi un'armata
i Franconi refrattari al romano
potere, ma non lasciano ignorata
la gran richiesta del loro Sovrano.
Dimenticano invece la firmata
alleanza con Ginevra Cantone:
non vale niente un patto col Leone!

VII
E in Italia radunano le armi
i condottier di Modena e Milano
che di nuovo -è noto senza carmi-
ribadiscon la fedeltà al Sovrano.
Abbastanza v'ho raccontato, parmi,
delle genti che all'armi metton mano
o per Fede o per lealtà al padrone,
vi son cavalier per ogni nazione.

VIII
Nel prossimo canto avrò a raccontare
dei crociati che primi son partiti,
superato hanno il Po, lontano è il mare,
dal Senza Nome sono assaliti
tra le nevi e le pietre di calcare.
Torneranno ad essere ancora arditi?
Ve lo narrerò senza alcuna pecca,
ma non ora, che ho la gola secca!

[/rp]


[rp]Canto V

I
Vi ricorderete, ne sono certo,
di quanto ardivan partire i crociati
da Alessandria e porsi in contrasto aperto
con l'eresia sui picchi innevati,
ricorderete l'indugio sofferto,
li ha quasi l'un contro l'altro scagliati.
Quello era il seme dell'Innomata
pronto a sbocciar più oltre sulla strata!

II
Per primi sono giunti nella valle
dove la Baltea Dora va corrente
-nemmeno l'inverno o i ghiacci alle spalle
fermano la furia di quel torrente-
incontro lor vengono dalle stalle
pastori, bifolchi, et altra gente,
riconoscon la croce sul gonfalon:
non è helvetica, ma della Ragion!

III
Gridano di gioia in mezzo alla neve.
Scatta incontanente l'insurrezione,
bruciate l'eretiche insegne in breve,
scacciati i nemici oltre il Pisone.
Ognun alla prima vittoria beve
gioioso e felice, men che un musone.
Tal fui io preso da malanno
impossibilitato a fare danno.

IV
Saputo da quei gagliardi plebei
che a Ciamberì son tutti i lor baroni,
per Aosta partiamo in tre cortei.
Non c'è scampo per l'armi dei Leoni,
non li aiutano i loro falsi dei:
interrotte le comunicazioni
e le vie di fuga su tutti i passi.
Morir sui ghiacci o sugli aostani sassi?

V
Mebahiah conduce il primo plotone
sul lato destro del ridente fiume;
sul sinistro avanza l'altro gruppone,
Apeiron de'Fregoso è il suo lume;
sparsa viene, in terra o su barcone,
ora dietro, ora come acume
di lancia, la Sanctissima Illibata.
Quella Junia par una dissennata!

VI
Il presidio helvetico di Aosta,
riuniti tutti i mercenari
et i regolari messi di posta,
arma tutti gli arcieri e gli spadari
e dichiara battaglia senza sosta.
Come a Gibilterra i due mari,
tali si scontrano le due schiere.
Gran prodezza fa ogni cavaliere!

VII
In quel frangente io dentro me ragiono
“Questo malanno mi recherà morte!
Già sento freddo e chiedo a Dio perdono,
ma non mi si addice, no, questa sorte!
Molto meglio è finir rigido e prono
combattendo contro le genti storte”.
Sollevo il brando che per l'aria fischia,
traballando mi getto nella mischia.

VIII
Uno ne mozzo, due son già per terra,
un altro mi contrasta con perizia.
Parmi un valoroso, abile in guerra,
ogni colpo assestato con dovizia
stride e le mie poste tutte disserra.
Nessun dubbio aveva la stoltizia
mia sulla prodezza di quel tale,
ero in preda a delirio d'ospedale!

IX
Debole e fiaccato dalla quartana,
tutti li vedevo gran cavalieri!
E come poi cadevano alla piana
per l'altrui sforzo de' miei compagneri,
li onoravo levando la bandana
credendo mia vittoria esser mestieri.
Volle poi l'Altissimo ch'io svenissi
così non fui contato tra i decessi.

X
Finita è la battaglia, presa Aosta!
Giunge e rapporta orgogliosa Liliana:
“Ho requisito l'ufficio di posta.
Presso Sion un piccione già plana,
c'annuncia e chiede diritto di sosta!”
Tra i soldati il terrore si dipana
poiché Sion è helvetico cantone,
temono sia alleato del Leone.

XI
Non basta al Senza Nome la paura
che gli eretici giungan con rinforzi,
spinge i crociati dentro alle mura
con il fare d'opinione divorzi
in maniera pubblica ed immatura.
Afferma messer Brixia che gli sforzi
devono andare tutti alla conquista
di una Sion presa alla sprovvista.

XII
Concordan con lui alcuni crociati,
altri ricordano che i cantoni
non sono affatto perenni alleati,
son neutrali di Sion i bastioni,
l'aggredirli è da pazzi scellerati.
Ecco giungere nuovo tra i piccioni
il volatile recante risposta:
“Non ci sperate. Qua nessuna sosta”.

XIII
Tra strateghi le baruffe pompose
davanti alla truppa non fanno bene
certo al morale, a queste cose
aggiungete poi l'epatiche pene
del timore di forze bellicose:
vari soldati ne han le palle piene,
non stimano più i loro comandanti,
fuggono via come vili furfanti.
[/rp]


[rp]Canto VI

I
Venga Erato con la lira in soccorso
alla materia di questo mio canto,
poiché fu l'Amor che Iddio ha messo in torso
ad ogni uomo del Creato santo
a scacciar paura, viltà e rimorso.
Amor distrusse il tenebroso manto
calato sopra i santi soldati.
Tosto questi fatti saran narrati.

II
Vi dissi poch'anzi di come ognuno
si affidava ad una strategia
diversa, ma il maggior nostro pruno
in occasione di tale pazzìa
era l'esser battuti uno ad uno
adesso che il nemico sapìa
qual era il nostro posizionamento:
in ogni soldato v'era sgomento.

III
Tosto Mebahiah in piedi si alza
preoccupato delle nostre sorti,
il suo pensiero all'Altissimo balza
e raccomanda che per man ci porti,
senza indugio poi gli stivali calza
e raduna come può le coorti,
un gran discorso si appresta a fare,
ma vien la notte: si deve sbrigare!

IV
“Conosco il timore che avete in core,
ché pure nelle mie vene dilaga,
ma ben più grande è il Nostro Signore!
Per Lui son pronto ad assaggiar la daga
e avanti andrò per il di voi amore:
meglio è se uno soltanto paga,
con la vita, lo scoprire il sentiero
che vuoto di nemici tanto spero.”

V
Dapprima vergogna coglie i soldati
pel comportamento che han tenuto
e, se pur timor non li ha abbandonati,
non voglion proprio saper deceduto
quel valoroso che li ha risvegliati.
Presto han deciso che va trattenuto
poiché troppo amano quel crociato,
al secondo passo l'han già fermato.

VI
Dubbi celati restan nella mente
d'una guardia, che Leonida ha nome,
d'Aldobrandesca schiatta. Egli sente
più di noi tutti l'Amor nell'addome
poiché per la Liliana seducente
il suo cuore canta, arde e freme.
Non vuol vederne il viso decomposto.
Diparte in avanguardia di nascosto!

VII
Valica Leonida le montagne,
del nemico non c'è nessuna traccia,
Annesì circondata da insegne
al mattin si specchia sulla sua faccia:
assediata è da armate compagne
giunte per eliminar la minaccia.
Un messaggero è inviato apposta
per avvertire i crociati d'Aosta.

VIII
Su questi lieti fatti mi trattengo
per constatar la potenza d'Iddio.
Egli salva un Suo figlio ramengo
spianandogli la strada all'avvio.
Certo questo non basta, ne convengo,
se impaurito da un tremolìo
il figliol non segue del Padre il voler,
ben altra forza gli convien posseder!

IX
Nel Mondo non v'è forza superiore
alla significativa scintilla
che riempie, scalda e scuote il cuore.
Per ogni impresa basta una stilla
di questa forza chiamata Amore!
E grazie ad essa giungono alla villa
assediata i valorosi crociati
per unirsi a tutti gli altri soldati.
[/rp]


[rp]Canto VII

I
Giacciata è l'acqua e bianca la valle,
candido ogni albero ed ogni colle,
innevata dal palazzo alle stalle
tace Annesì. Silenti son le folle
di savoiarde ed elvetiche spalle.
Fioriscono nel contado corolle
di sgargianti vessilli colorati,
segni araldici di tutti i crociati.

II
Senza fine son le insegne crociate
che da ogni merlo Annesì vede,
per numero seguon quelle dorate
che agli armati l'Imperatore diede.
Tra le truppe spiccano onorate
quelle della Savoia, le presiede
il visconte Valzano de Luvuà:
tre teste d'aquila sullo stemma ha.

III
La nobiltà savoiarda a cavallo
s'esercita prima della battaglia,
nel loro campo non esiste stallo.
Ma ecco accorrere in calzamaglia
White più veloce di ogni vassallo,
riunisce d'eserciti l'accozzaglia,
in breve s'organizzano le schiere,
si levano in aria altre bandiere.

IV
Blu coi gigli d'oro segnan le torme
di Francia, Normandia e Borgogna.
Queste formano un'esercito enorme
che l'altre nazioni quasi han vergogna.
Alcalnn conduce quella schiera abnorme
che la fine degli eretici agogna,
del Regno di Francia egli è Ammiraglio,
determinato contro il suo bersaglio.

V
Con lui una principessa combatte,
Armorìa de Mortèn è nomata,
in Francia amata: per le cose ben fatte,
per la saggezza e l'onore è stimata.
Per cantar com'eran le cose esatte
debbo dir d'un cavalier fuor d'armata.
S'avvicina alla cittade difesa
e con arroganza impone la resa,

VI
Petro Vasa è questo ambasciatore
e parla in nome d'un altro Regno
che vuol della Crociata esser attore.
Delle Due Sicilie è questo regno,
sì sicuro del divino favore
che manda un sol cavalier in sostegno.
L'Impero ha poi altre truppe schierate
che soltanto oggi sono arrivate.

VII
Il leone della Contea Franca
garrisce sui drappi d'una gran schiera
che non possiede soldataglia stanca.
Fiero Goclad guida la truppa arciera,
Krane d'Omerach duce l'ala manca,
il conte Bobyz regge la bandiera
e l'altra mano tiene il proprio stemma,
il fare è duro e non presenta flemma.

VIII
Sulle mura ora squillano le trombe.
Melian du Lys non si ferma a scrutare
l'inizio dell'assedio che incombe,
grida ai crociati e va a presentare
il nuovo sindaco con quelle trombe:
Lothilde di Melincùr lassù appare,
viscontessa della Contea Franca
or sindaco per l'eretica branca.

IX
Costei prega i nostri soldati santi
di abbandonar le armi e gl'intenti,
la si finisca a tarallucci e Chianti!
Del suo operato son tutti contenti
-dice- e non ne avranno rimpianti,
fermarla adesso è da delinquenti!
Il conte Bobyz è ricolmo d'ira:
vuol Lothilde arsa su di una pira.

X
Nemici sono la Viscontessa e il Conte
da lungo tempo nella loro terra,
s'affrontano oggi s'un altro fronte
eppur non basta a Bobyz questa guerra,
vuol contattar degli Onori la fonte
per levar a lei titolo e terra.
“Fellona sei!” le grida più fiate,
fanno eco le Nobiltà oltraggiate.

XI
S'ode finalmente suonare il corno
che dà inizio alla cruenta battaglia,
è soffocato ogni rumore attorno
per la possanza che nessuno eguaglia.
Hobb, comandante, di quel corno è adorno,
ora luccica nella sua ferraglia,
con un gesto scaglia le sante armate:
guardie d'ogn Ordine son indomate!
[/rp]
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