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De Philosophia (Emanuele_ Corleone)

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Messaggio  Emanuele Sab Apr 20, 2013 1:12 pm

Introduzione

La filosofia dal greco φιλοσοφία, composto di φιλεῖν (philèin), "amare", e σοφία (sophìa), "sapienza", ossia "amore per la sapienza" è un campo di studi che si pone domande e riflette sul mondo e sull'uomo, indaga sul senso dell'essere e dell'esistenza umana e si prefigge inoltre il tentativo di studiare e definire la natura, le possibilità e i limiti della conoscenza.

Il bisogno di filosofare, secondo Aristotele, che segue in questo Platone, nascerebbe dalla "meraviglia", ovvero dal senso di stupore e di inquietudine sperimentata dall'uomo quando, soddisfatte le immediate necessità materiali, comincia ad interrogarsi sulla sua esistenza e sul suo rapporto con il mondo:

« Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia [thaumazon] riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. »

Tale 'meraviglia' però non va confusa con lo 'stupore intellettuale':

« Che la "meraviglia", da cui - secondo il testo aristotelico - nasce la filosofia, non debba essere intesa, come di solito accade, come un semplice stupore intellettuale che passerebbe dai "problemi" (ápora) "più facili" (prócheira) a quelli "più difficili" - cioè che il timbro del passo aristotelico sia "tragico" - riceve luce dalla circostanza che anche per Eschilo l'epistéme ("conoscenza") libera da una angoscia che sebbene sia da lui considerata "tre volte antica", è tuttavia la più recente, perché non è quella primitiva, e più debole, dovuta all'incapacità di vivere, dalla quale libera la téchne ("tecnica", "arte"), ma è l'angoscia estrema, il culmine al quale essa perviene quando il mortale si trova di fronte al thaûma ("meraviglia", "sgomento") del divenire del Tutto - al terrore provocato dall'evento annientante che esce dal niente. In questo senso anche per Eschilo l'epistéme non mira ad alcun vantaggio tecnico, è "libera" e ha come fine soltanto sé stessa, cioè la liberazione vera dal terrore. »

Sullo stesso senso della filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere:

« Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza… La meraviglia filosofica … è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio. »

Queste domande di carattere universale, definibili come il problema del rapporto tra l'individuo e il mondo, tra il soggetto e l'oggetto, vengono trattate dalla filosofia secondo due aspetti: il primo è quello della filosofia teoretica, che studia l'ambito della conoscenza, il secondo è quello della filosofia pratica o morale o etica, che si occupa del comportamento dell'uomo nei confronti degli oggetti e, in particolare, di quegli oggetti che sono gli altri uomini, che egli presume siano individui come lui, perché appaiono a lui simili, pur non potendoli veramente conoscere al di là delle apparenze esteriori.


Historia

Nella cultura greca antica, il termine filosofia oscillava tra due significati estremi: in un senso, la filosofia, spesso identificata come sinonimo di sophia, termine che la distingueva dalla φρόνησιϛ (phrònesis), la prudenza, coincideva con la saggezza o, come anche si diceva, la paideia (educazione, formazione culturale): ad esempio Erodoto racconta di Solone come un uomo che aveva molto viaggiato per il mondo «filosofando», per desiderio di sapere.
All'estremo opposto filosofia assume il significato di dottrina scientifica ben delineata, che Aristotele chiama «filosofia prima» indicante cioè, sia i principi primi, le cause prime, le strutture essenziali degli esseri, sia quel pensiero che studia il primo principio di tutto: Dio stesso.

Il saggio, tuttavia, nel senso greco del termine, non è l'uomo perso nelle sue riflessioni teoriche; egli, pur detenendo un sapere considerato astratto, possiede invece l'abilità di farne un uso concreto, pratico. La filosofia come “stile di vita”, saggezza intesa come “saper vivere”, in una unità di teoria e prassi tipica dell'epoca nella quale appunto nasce.

Filosofia Teoretica

Oggetto della filosofia teoretica è la conoscenza nel senso più astratto e generale; la possibilità e il fondamento del conoscere umano, e i suoi oggetti più universali e astratti, quali l'essere, il mondo, ecc.

Logica: la logica, originariamente, costituisce lo studio delle corrette modalità di funzionamento ed espressione della ragione umana (logos). Essa ha poi assunto il carattere particolare di disciplina che si occupa del corretto argomentare, da un punto di vista meramente formale e simbolico; in questo senso è una disciplina affine alla matematica.
Metafisica: la filosofia teoretica ha assunto per un lungo periodo storico il carattere di filosofia prima ovvero metafisica. Essa, letteralmente, è la conoscenza che si rivolge a quegli enti generalissimi che stanno "al di là" degli enti sensibili.
Ontologia: L'ontologia si occupa dello studio dell'essere in quanto è, della sua differenza con l'ente(differenza ontologica), del suo rapporto col nulla, ovvero con ciò che non è.
Epistemologia e gnoseologia: con differenti sfumature, entrambe si occupano dell'analisi dei limiti e delle modalità della conoscenza umana. Soprattutto nella filosofia contemporanea, il concetto di epistemologia riguarda più specificamente la conoscenza scientifica: in questo senso l'epistemologia ha ampie sovrapposizioni con la filosofia della scienza.
Filosofia della scienza: specificatamente è la riflessione interna alla scienza sul metodo e sulla conoscenza scientifica.
Filosofia del linguaggio: è quell'aspetto della filosofia che si occupa di studiare il linguaggio nella sua relazione con la realtà. Correlandosi strettamente alla linguistica e alla logica, essa si occupa della genesi del linguaggio, del rapporto fra senso e significato e della modalità attraverso cui, in generale, il pensiero si esprime.
Teologia: è quella specifica disciplina che indaga sull'esistenza di esseri superiori (Dio), cercando di stabilire il rapporto di conoscenza che si può avere tra l'ente massimo e l'essere umano
Fisica: diversa dalla fisica scientifica, da cui è stata ormai soppiantata da almeno 4 secoli, in antichità studiava i fenomeni naturali senza servirsi del metodo scientifico

Filosofia Pratica

« È giusto anche chiamare la filosofia (philosophian) scienza della verità, poiché di quella teoretica è fine la verità, mentre di quella pratica è fine l'opera (ergon); se anche infatti i (filosofi) pratici indagano come stanno le cose, essi non considerano la causa per sé, ma in relazione a qualcosa ed ora. »

Etica o morale: è il campo d'applicazione pratico della filosofia per eccellenza. Il suo oggetto è l'uomo in quanto essere sociale: essa in particolare si occupa di determinare ciò che è giusto o sbagliato, distinguendo il bene dal male in base a una determinata teoria dei valori o assiologia. l'etica è intesa anche come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà e di determinarne i limiti opportuni.
Estetica: è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale o di quello artistico, ovvero del giudizio di gusto. In origine, tuttavia, il termine estetica indicava l'analisi dei contenuti e delle modalità della conoscenza sensibile.
Filosofia del diritto: si tratta di una disciplina intermedia fra filosofia e diritto, che si occupa di definire i criteri attraverso cui si forma il sistema delle norme che regolano la convivenza umana, e i principi in base ai quali un sistema giuridico può essere riconosciuto come valido e vigente.
Filosofia della politica: oggetto di questa disciplina sono le istituzioni nella loro formazione, soprattutto per ciò che riguarda i fattori che regolano l'instaurazione e il mantenimento del potere nei confronti di coloro che vi sono sottoposti.
Filosofia della religione: è la disciplina che si occupa di studiare le caratteristiche delle principali religioni da un punto di vista filosofico, individuandone le caratteristiche costanti e universali e studiando il rapporto dell'uomo con la religione come formazione culturale e storica.
Filosofia della storia: la filosofia della storia si occupa della problematica classica del significato della storia e di un suo possibile fine teleologico. Essa si chiede se esista un disegno, uno scopo, un obiettivo o un principio guida nel processo della storia umana. Altre questioni su cui si interroga questa disciplina sono se l'oggetto della storia è la verità o il dover essere, se la storia è ciclica o lineare, o se esiste in essa il concetto di progresso.

Pensiero Mitico e Pensiero Filosofico

A proposito dei rapporti tra la filosofia e il mito si possono sinteticamente indicare tre tesi sostenute dagli storici della filosofia:
La filosofia con la scuola di Mileto segna una rottura con il mito. Il logos si emancipa dal pensiero mitico con l'affermazione dei primordi di un pensiero razionale e scientifico. Si è parlato di una "scoperta dello spirito" che ha fatto nascere come "un miracolo greco" la filosofia.

Al contrario si sostiene che sia azzardato riconoscere nella filosofia ionica la nascita di una scienza priva, com'è quella antica, della verifica sperimentale. La filosofia è ancora profondamente legata al mito: essa non fa altro che sottoporre alla critica razionale, alla discussione del logos, quanto sostiene la visione mitica che è ancora sentita come vera. Le cosmologie dei filosofi ionici riprendono e cercano di rispondere alla stessa domanda delle cosmogonie: «Come si è originato l'universo ordinato, il cosmo, dal caos?» Al mondo ordinato dei filosofi naturalisti basato sull'azione di forze contrapposte che si scindono dall'unità originaria, in continua lotta tra loro secondo un corso ciclico, corrisponde l'universo di Omero ed Esiodo dove l'ordine è mantenuto dalle forze contrapposte dei diversi dei del mito che con l'avvento della filosofia hanno perso il loro aspetto personalizzato, ma che sono ancora visti dal filosofo come potenze reali che intervengono nella vita degli uomini.


I primi pensieri Filosofici

I più antichi pensatori della storia della filosofia non ebbero consapevolezza di essere filosofi: sia Diogene Laerzio che Cicerone indicano Pitagora come il primo a definirsi filosofo.
Lo stesso Pitagora viene tradizionalmente indicato come l'autore dell'allegoria della filosofia come un mercato: la vita è come una grande fiera dove si recano quelli che vogliono fare affari, quelli che vi vanno per divertimento ed infine, i migliori, i filosofi, i quali non hanno altro scopo che osservare la varia umanità. Questo secondo quanto Diogene Laerzio riprende da Eraclide Pontico, un discepolo di Platone: il che indicherebbe che questo fosse il significato in uso nella filosofia platonica.
In un frammento di Eraclito, riferito da Clemente Alessandrino, compare il termine filosofia e si dice che "è necessario che gli uomini filosofi siano indagatori di molte cose".

Sembrerebbe che Eraclito volesse identificare la filosofia con la polimanthia, il sapere molte cose, ma questa interpretazione è esclusa da altri frammenti dove lo stesso filosofo afferma che questa "non insegna l'intelligenza" ma piuttosto che compito del filosofo è quello di fare molte esperienze e da queste arrivare al principio primo unitario, che Eraclito chiama Logos (ragione, discorso).

Inizia quindi a delinearsi con Eraclito il significato di filosofia come conoscenza dei principi primi: scienza universale che tratta l'essere in generale e che quindi è alla base e fondamento di tutte le forme di conoscenza che si occupano del particolare.


L'ontologia: il monismo parmenideo e il pluralismo ionico

Un altro percorso invece condurrà la filosofia, con Parmenide e la scuola eleatica, alle prime speculazioni ontologiche; l'ontologia monistica, che nasce con Senofane di Colofone, trova infatti ad Elea, nell'ambito della Magna Grecia occidentale, i suoi principali sviluppi; in questi pensatori è prevalente la percezione di un conflitto irriducibile tra la logica che governa la dimensione intellettuale e il contraddittorio divenire dei fenomeni testimoniato dai sensi. Tale contrasto verrà variamente risolto dai successivi filosofi del VI-V secolo a.C. (fisici pluralisti)

In opposizione al monismo eleatico, Anassagora (di Clazomene) e Leucippo (di Mileto) sostituivano la teoria parmenidea di un Essere unico e immutabile con una concezione pluralistica della physis. Questa tesi si originò in ambito ionico e fu sviluppata da Anassagora e Leucippo in due modi differenti: il primo indicava come principi fondamentali i semi (che Aristotele ribattezzerà omeomerìe), il secondo era invece assertore di una teoria atomistica.


La Sofistica: filosofia come nuova educazione

Accanto a questo primo iniziale configurarsi della filosofia come conoscenza universale compare nella storia della filosofia un'applicazione più pragmatica del filosofare: è quella dei sofisti che non tramandano definizioni della filosofia, ma chiamano filosofia una particolare forma di educazione, dietro compenso, per i giovani che vogliano intraprendere una carriera politica.
I sofisti compaiono nel periodo compreso fra il culmine della civiltà ateniese e i primi sintomi della decadenza dovuta a tensioni individualistiche ed egoistiche già evidenti nell'età di Pericle. Allo scoppio della guerra del Peloponneso e alla morte di Pericle, entrano in crisi il senso di supremazia culturale ed economica a cui si sostituisce la percezione della precarietà dell'esistenza, cui i sofisti rispondono esibendo le capacità retoriche dell'individuo, educato con una nuova technè (tecnica) oratoria.
Essi insegnano in particolare l'"arte della parola", un'educazione retorica e letteraria che riporta la filosofia al suo primo significato di paideia ma con diversi contenuti rispetto a quella antica, basata sulla poesia e sul mito, attraverso i quali si realizzava l'aristocratico ideale della kalokagathia ossia l'unione del bello e del buono.

I sofisti non mettono in dubbio l'autorità dello Stato ma evidenziano attraverso un'analisi storica, l'origine umana delle leggi che lo regolano e il ruolo determinante di chi è capace di influenzarne la formazione attraverso l'abilità nell'usare il linguaggio, non tanto per persuadere, quanto per far prevalere sull'interlocutore il proprio punto di vista con il suo eloquio


Filosofia come libertà

Per Aristotele, la filosofia è il più grande dei beni, dal momento che ha per scopo se stessa, mentre le altre scienze hanno per fine qualcosa di diverso da sé. Aristotele introduce una nuova concezione del sapere rispetto a quella della tradizione, che collegava la sapienza all'agire e al produrre. Dedicarsi al sapere richiede la scholè, l'otium dei latini, un tempo assolutamente libero da ogni cura e preoccupazione per le necessità materiali dell'esistenza.

« Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. È evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa. »

Per Aristotele fare filosofia è l'inclinazione della natura razionale di tutti gli uomini e che solo i filosofi realizzano a pieno, mettendo in atto un sapere che non serve a nulla ma che, proprio per questo, non dovrà piegarsi a nessuna servitù: un sapere assolutamente libero.

La filosofia, quindi:
- presuppone la libertà da ogni bisogno materiale,
- è essa stessa libera perché persegue il sapere per il sapere,
- rende liberi dall'ignoranza.


La filosofia medievale cristiana: fede e ragione

L'esercizio della filosofia ha sempre richiesto la libertà di pensiero, e ciò paradossalmente ha fatto sì che le più durature e genuine tradizioni del pensiero filosofico siano sorte soltanto laddove si riconosceva il carattere necessario della verità, contrapposto a quello arbitrario dell'opinione: una verità dotata di un'aura di sacralità.
Facendo proprie le categorie filosofiche degli antichi greci, il Cristianesimo ha quindi elaborato una concezione della filosofia che non pretendesse di sostituirsi arbitrariamente alla verità, ma che piuttosto fungesse da avvio nei suoi confronti e la difendesse dai tentativi di negarla da parte dello scetticismo e del relativismo: da qui l'espressione di filosofia come ancella fidei, cioè servitrice nei confronti di quella fede che per un cristiano è la manifestazione più immediata della verità.
Questa concezione della filosofia convive nel Cristianesimo con la convinzione che l'uomo è essenzialmente libero di fronte alla verità, cioè ha la possibilità di accoglierla o rigettarla.
Il problema della relazione fra fede, dottrina religiosa e pensiero torna d'attualità con l'avvento del Cristianesimo; in una prima fase sulla scorta della predicazione di Paolo di Tarso si ritiene che i primi fedeli debbano salvaguardare la propria devozione, dall'incontro con la filosofia pagana ma nello stesso tempo invita i cristiani a dare fondamento razionale alla loro fede.

L'esercizio della ragione che si ha con la filosofia è quello tipico della teologia negativa, che consente di arrivare a conoscere il "quia est" di Dio («il fatto che Egli è») ma non il "quid est" («che cosa è»), per apprendere il quale è necessaria la fede: «di Dio noi non possiamo sapere che cosa è, ma piuttosto che cosa non è». La filosofia pertanto non è un sapere fine a sé stesso, ma tanto più ha valore quanto più rimanda all'altro da sé, negandosi e superandosi come coscienza critica di una verità che la trascende.


Per concludere, la filosofia rappresenta l'estremizzazione del pensiero umano, domandare e domandarsi affinchè nulla rappresenti la banalità ma si vada ricercando il perchè e l'essenza di tutte le cose, anche quelle non percettibili dall'occhio umano. L'arte e lo Studio della filosofia si dirama su diversi ambiti ed in ognuno di esso tende a creare modelli di pensiero che seppur in alcune parti astratti e poco tangibili, essi rappresentano elementi di riflessione molteplici sulle quali basare o almeno accostare il proprio pensiero e stile di vita.

"Cogito ergo sum"

Emanuele
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